17.07.2015
Sul tema dell’eutanasia e del suicidio assistito, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha rigettato le richieste di 2 pazienti britannici.
La richiesta di alcuni attivisti britannici di modificare la legge sul suicidio assistito è stata respinta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. I quesiti di Jane Nicklinson, il cui marito Tony aveva la sindrome locked-in, e Paul Lamb, paralizzato in un incidente, sono stati dichiarati irricevibili. La corte ha spiegato che il Parlamento del Regno Unito è "nella posizione migliore" per pronunciarsi su un tema così delicato. La figlia di Nicklinson, Lauren, ha detto alla Bbc che "questo significa che la gente continuerà ad andare in Svizzera, continueremo a esportare il problema. E le persone continueranno a soffrire". Per il Suicide Act del 1961 è un reato assistere una persona che vuole optare per il suicidio assistito in Inghilterra e Galles, così come in Italia dove le persone rischiano fino a 15 anni di carcere.
Nel 2012 Tony Nicklinson, paralizzato dal collo in giù dopo aver subito un ictus, ha perso la sua battaglia con l’Alta Corte per il diritto all’eutanasia. A quel punto ha iniziato a rifiutare il cibo ed è morto di polmonite in casa, a 58 anni. Lamb, paralizzato dal collo in giù, racconta di soffrire costantemente e ha chiesto di modificare la legge in modo che i medici che aiuteranno a morire possano difendersi dall’accusa di omicidio.
Dopo il primo no della Corte Suprema del Regno Unito, secondo cui la questione dovrebbe essere affrontata dal Parlamento, Lamb e Nicklinson si sono rivolti alla Corte Edu. Ma i giudici di Strasburgo hanno giudicato la questione "infondata e inammissibile". Rimettendo le decisioni al Parlamento britannico.
Il Regno Unito è secondo dopo la Germania, mentre l’Italia si colloca al terzo posto nella classifica del “turismo” dell’eutanasia.