16.10.2014

Legalizzare, risposta liberale all’illegalità

Legalizzare, risposta liberale all’illegalità

“I radicali sanno bene che ovunque c’è responsabilizzazione, i fenomeni negativi tendono a regredire se non a scomparire”.

Articolo di Angiolo Bandinelli, dirigente dell’Associazione Luca Coscioni, pubblicato sullo "Speciale Eutanasia Legale" dell’Agenda Coscioni, datato aprile 2013.
 
La guerra alla droga è uno degli aspetti, sicuramente il più spettacolare, della cultura proibizionista dominante. E’ una cultura che vuole incutere soggezione e timore, utilizzando senza scrupoli lo spettro della "liberalizzazione" indicata come causa di infiniti malanni sociali.
 
"Liberalizzare la droga", per questa cultura, significa voler far dilagare il suo uso indiscriminatamente, qualcosa cui bisogna opporsi, costi quel che costi. Purtroppo, non è come ci viene raccontato. Basta analizzare seriamente il fenomeno e ci si accorgerà che la cultura proibizionista vive e si potenzia proprio sul fatto che la droga è oggi, nei fatti, un commercio completamente "libero". Libero perché non controllato: il proibizionismo impedisce che lo smercio venga sottoposto ad un minimo di vigilanza pubblica. E’ quanto a lungo e tenacemente sostenne, inascoltato, un grande economista come Milton Friedman, il quale invocava la "regolamentazione" del commercio di questi prodotti. Solo una effettiva regolamentazione – ammoniva – potrà portare benefiche conseguenze, di ordine economico ma anche sociale, in un settore complesso e sotterraneo. Friedman non fu ascoltato, ma non era solo.
 
Quanto meno, al suo fianco sono sempre stati i radicali, avversari di ogni proibizionismo e fautori invece di una regolamentazione equilibrata e consapevole dei fenomeni sociali.
 
Erano per la "regolamentazione" anche quando combattevano l’aborto clandestino, praticato "liberamente" da mammane e dai medici "cucchiai d’oro", speculatori della sofferenza della donna. Contro i radicali, all’epoca, venne aperta una campagna diffamatoria, venivano indicati come cultori di un fenomeno immorale e antisociale. Anche allora, la questione era esattamente nei termini opposti. Un sistema legislativo, giudiziario ed anche etico impotente a frenare se non a sradicare l’aborto clandestino non voleva assumersi la responsabilità di gestire il problema nell’unica maniera efficace: un controllo pubblico che assicurasse la donna che non sarebbe stata colpevolizzata o punita, ma garantita almeno nella sicurezza sanitaria. Sebbene inadeguata e perfino disattesa (grazie alla pratica dell’obiezione di coscienza avallata e artatamente suggerita da autorità di ogni genere…) l’attuale legislazione sull’aborto ha consentito di salvare innumerevoli vite ed anche di ridurre il fenomeno. I radicali sanno bene che ovunque c’è responsabilizzazione, i fenomeni negativi tendono a regredire se non a scomparire. Lo stesso effetto positivo sicuramente si produrrebbe se si addivenisse, in un numero adeguato di paesi, ad una regolamentazione del commercio delle sostanze stupefacenti, sistematicamente e scientificamente definite e classificate da un sistema non punitivo ma sanitario.
 
Se è soprattutto sul tema della droga che si esercita l’antiproibizionismo, analoghe politiche restrittive vengono un po’ dovunque messe in atto quando si parla dei cosiddetti “temi etici”, quelli che riguardano i diritti della persona. Oggi in Italia è di urgente attualità il tema dell’eutanasia.
 
Nonostante l’indifferenza e la disattenzione della politica e la disinformazione della stampa e della tv, diversi sondaggi mostrano che, in materia di accesso e rifiuto e delle cure, la volontà degli italiani è sempre più favorevole al rispetto dell’autodeterminazione.
 
Ricordiamo ancora una volta le cifre. Il “Rapporto Italia 2013”, elaborato da Eurispes, evidenzia un aumento del numero di quanti si dichiarano favorevoli all’eutanasia: dal 50,1% dello scorso anno all’attuale 64,6%. Al suicidio assistito è contrario il 63,8% degli italiani (lo scorso anno era convinto di questo il 71,6%), ma ottiene comunque il favore del 36,2% (contro il 25,3% del 2012).
 
Il testamento biologico registra un aumento di consensi di oltre dieci punti percentuali: dal 65,8% del 2012 al 77,3% del 2013. Anche l’Osservatorio sul Nord Est, curato da Demos per “Il Gazzettino”, si è occupato del tema dell’eutanasia e, alla fine del 2012, ha compiuto un sondaggio. Nel gennaio del 2007, poco dopo la morte di Piergiorgio Welby, il consenso per il diritto all’eutanasia cresce, sfiorando il 67%. Tra il 2008 e il 2011 il trend si consolida e il consenso non scende mai sotto il 62%.
 
Oggi, è arrivato a superare il 69%. Sono cifre importanti. E’ sulla loro base che la Associazione Luca Coscioni ha avviato la raccolta firme per una proposta di legge popolare perché il Parlamento italiano avvii un’indagine conoscitiva sull’eutanasia clandestina e gli altri aspetti della morte all’italiana, e discuta proposte di legge per la legalizzazione o depenalizzazione dell’eutanasia e del suicidio assistito. Come è noto, l’Associazione sta anche raccogliendo adesioni per una petizione al Parlamento europeo, volta a chiedere che gli Stati membri rispettino l’autonomia del paziente. Mentre la classe politica sprofonda nelle sue contraddizioni e nelle sue incapacità, è urgente mettere in campo iniziative che raccolgano ed evidenzino quanto il paese sia moderno, vivace e responsabile.

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