30.05.2020
Il 13 aprile 2017 Mina Welby accompagnò Davide Trentini in Svizzera con il concorso economico di Marco Cappato. Davide aveva 53 anni, ex barista, affetto da sclerosi multipla e residente in Toscana. Era malato da 24 anni e soffriva di dolori continui, contro i quali anche i farmaci non avevano più effetto. I benefici non arrivavano ormai a coprire gli effetti collaterali. Solo la cannabis terapeutica continuava a dargli un qualche sollievo, comunque non sufficiente. Decise di ricorrere al suicidio medicalmente assistito in Svizzera definendolo «una liberazione, un sogno, una vacanza». Per averlo aiutato, Mina Welby e Marco Cappato stanno affrontando un processo al Tribunale di Massa che riprenderà l’8 luglio.
Nella Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla, ragionare sulla scelta di Davide e sulla proibizione che lo Stato italiano ha posto sul rispetto della sua volontà è più che doveroso. In Italia il diritto alla cura per le persone che si ritrovano a vivere la sua stesso malattia è tutelato. Permangono invece ad oggi ancora problematiche sul piano dell’assistenza per chi ha patologie croniche. Ogni Regione ha propri percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali, non garantendo omogeneità sul territorio nazionale. Quello che è del tutto ignorato è invece il piano individuale delle scelte di fine vita.
Sembra strano dovere premettere che servono interventi di ogni natura per sostenere persone e famiglie oltre a una rete di servizi con integrazione socio-sanitaria, comprese le cure palliative, per mettere la persona nelle condizioni di vivere la miglior vita possibile con la sua malattia. Accanto a ciò, non possiamo dimenticare che anche con la malattia, qualsiasi essa sia, ogni persona mantiene il diritto di decidere sul proprio corpo. E sulla propria vita. A tutto ciò il Parlamento dovrebbe dare una risposta. Eppure da oltre un anno ha abbandonato il dibattito sul tema. L’emergenza Covid qui non c’entra, è la volontà politica di affrontare un tema così difficile a mancare.